ALPI

Ai LNL l’acceleratore lineare ALPI (acronimo di “Acceleratore Lineare Per Ioni”) è collocato in un capannone adiacente a quello del TANDEM XTU, e ne riceve il fascio tramite una linea di trasporto di dipoli e lenti quadrupolari magnetiche e di bunchers. E’ stato progettato interamente dai tecnologi e ricercatori dei LNL ed è entrato in funzione nella prima metà degli anni ’90.

A sinistra è rappresentato un tratto del linac ALPI. In evidenza i criostati, recipienti che contengono ed isolano termicamente dall’ambiente circostante le cavità superconduttiva (a T=-269°C). L’interno di un criostato, con 4 cavità acceleranti su base di rame, è mostrato sulla destra.

La particolarità di ALPI è che le sue cavità acceleranti operano in regime di superconduttività. E’ noto che in tale regime alcuni metalli, al di sotto una certa temperature (TC, temperature critica) comunque molto prossima allo zero assoluto (T0 = -273°C), offrono una resistenza nulla alle correnti continue ed una resistenza bassissima alle correnti alternate, quale è appunto il caso dei campi alternati (a frequenze tra alcuni MHz e alcuni GHz) delle cavità acceleranti. In ALPI le cavità sono realizzate (ovvero ricoperte internamente) in materiale Nb, un metallo superconduttivo sotto la temperature di TC = 9,2 K (ovvero TC = -264°C) e sono a contatto con un bagno di He liquido. Ciò consente di ottenere un significativo risparmio nei costi di esercizio dell’acceleratore, anche al netto dell’energia elettrica necessaria per raggiungere le bassissime temperature. Inoltre, in regime di superconduttività, i campi elettromagnetici massimi ottenibili sono significativamente più alti rispetto ad una cavità in regime di conduzione normale e questo aumenta l’efficienza energetica dell’acceleratore (incremento totale di energia per numero di cavità impiegate).

Le cavità di ALPI sono raggruppate a gruppi di 4 in appositi contenitori detti criostati i quali, tramite il vuoto spinto (che inibisce il trasporto di calore per convezione) e opportuni schermi a temperature intermedia (che scaricano su di essi – raffreddati con l’economico azoto liquido – la maggior parte del trasporto del calore per irraggiamento), riescono ad “isolare” le cavità superfredde dall’esterno a temperatura ambiente. Le cavità, che ricevono He liquido per gravità da un contenitore comune sovrapposto ad esse dentro il criostato, sono sospese alla flangia superiore dello stesso tramite sottili aste in acciaio (un metallo che conduce relativamente male il calore), a loro volta opportunamente intercettate dallo schermo intermedio a temperature di azoto liquido, in modo da ridurre al minimo il trasporto del calore per conduzione.

Le cavità acceleranti di ALPI sono del tipo QWR (Quarter Wave Resonator), dalla forma di un tratto di cavo coassiale, cortocircuitato ad un estremo (lato di massimo valore di campo magnetico) e aperto dall’altro (lato di massimo valore di campo elettrico): i pacchetti di ioni attraversano le cavità QWR trasversalmente, nella zona di alto campo elettrico. La frequenza di risonanza di un primo gruppo di cavità è 80 MHz, quella del secondo gruppo 160 MHz.

I criostati a loro volta ricevono l’elio liquido tramite un “refrigeratore criogenico”, un complesso impianto che riceve He gassoso ad alta pressione, ne riduce progressivamente pressione e temperatura fino a farlo liquefare all’interno di un dewar di raccolta, da cui si diparte un sistema di distribuzione dell’He liquido verso i più di 20 criostati dell’acceleratore. L’utilizzo dei campi elettromagnetici (unito alle perdite statiche lungo le linee di distribuzione e nei criostati) tende a fare evaporare l’He, che viene quindi raccolto e pressurizzato, chiudendo il ciclo di refrigerazione.

Va riconosciuto che, a fronte di migliori prestazioni e di ridotti consumi elettrici, la refrigerazione dell’elio e l’utilizzo di cavità acceleranti in regime di superconduzione sono processi complessi che possono tradursi anche in alcune criticità nell’uso degli acceleratori stessi.

ALPI può ricevere il fascio non solo dal Tandem ma anche da un secondo e più piccolo linac, più recente, denominato PIAVE (acronimo per “Positive Ion Accelerator for VEry low velocity ions”).